Il futuro e lo sviluppo delle macroregioni, in particolare di quella Adriatico-Ionica, sono stati al centro di un seminario a Pescara l’8 aprile. A organizzare il dibattito è stata la Regione Abruzzo, in collaborazione con l’ARE, l’Assemblea delle Regioni d’Europa, nell’ambito del progetto Adrigov, in vista della strategia per lo sviluppo dell’area che la Commissione Europea presenterà entro la fine del 2014.

Entro giugno di quest’anno, infatti, dovrà essere individuata una strategia condivisa con la Commissione Europea, un documento informale che individuerà la direzione da seguire.

Il Progetto della Macroregione Adriatico-Ionica mira a sostenere lo sviluppo di otto Stati europei ed extraeuropei – Croazia, Grecia, Italia e Slovenia, da una parte, Albania, Bosnia e Erzegovina, Montenegro e Serbia, dall’altra – e a favorire l’integrazione dell’area. Durante il seminario, introdotto dal sindaco e dal Presidente della Provincia di Pescara, Luigi Albore Mascia e Guerino Testa, sono state passate in rassegna le esperienze delle due macroregioni già esistenti, quella del Danubio e quella del mar Baltico, con i presidenti della Regione di Sörmland, in Svezia, e di Vienna, e discusse le priorità della strategia per l’area Adriatico-Ionica.

Sono intervenuti il segretario generale dell’Euroregione Adriatico Ionica Francesco Cocco, il quale ha riferito che “attraverso i forum territoriali abbiamo chiesto alla Commissione Europea di disegnare un contesto, di presentare un documento di prospettiva. Il 2014 sarà un anno determinante e l’approvazione della strategia arriverà proprio durante il semestre di presidenza italiana. E’ un documento di prospettiva che presuppone un impegno politico dei decisori e un cambiamento culturale. Le risorse europee, purtroppo, andranno a diminuire”.

E’ intervenuto poi il Direttore Affari della Presidenza dell’Abruzzo, Antonio Sorgi, il quale ha sottolineato che “Uno degli aspetti cruciali è quello della governance. Abbiamo sviluppato un programma efficace, c’è un parco progetti molto interessante e crediamo che sia un bagaglio da declinare nel periodo della programmazione dei fondi. Ad esempio, lo sviluppo idrocarburi nell’Adriatico potrebbe essere riconvertito nel settore delle rinnovabili”.

Per Pascal Goergen, Segretario Generale dell’ARE, “Il ruolo delle regioni è cambiato. C’è molto da fare per sviluppare le potenzialità delle regioni, promuovere mobilità, formazione. L’ARE è un attore chiave per lo sviluppo del business e dello spirito imprenditoriale. La macroregione baltica, ad esempio, rappresenta un modello vincente da seguire. Le macroregioni non possono funzionare se, al loro interno, le regioni non vengono prese in considerazione: la governance multilivello deve rappresentare un punto di riferimento. Le macroregioni non sono solo una moda, ma una sfida fondamentale e comune in Europa. Qual è il valore aggiunto delle macroregioni? I problemi che dobbiamo affrontare richiedono dimensioni variabili e sovrapposizioni tra le aree macroregionali. Non bisogna frustrare lo spirito di collaborazione. I punti di debolezza sono rappresentati dal ruolo eccessivo degli stati membri nello sviluppo delle macroregioni. Questo, purtroppo è accaduto nella regione del Danubio, schiacciata eccessivamente dal peso degli stati membri. Infine, bisogna evitare la moltiplicazione delle macroregioni, anche ai fini dell’uso dei fondi europei”.


Il rettore dell’Università di Teramo Luciano D’Amico offre la disponibilità del sistema universitario abruzzese a collaborare al successo della macroregione e vede nel processo di governance transnazionale una possibile alternativa alle tentazioni di rinazionalizzazione in atto delle politiche comunitarie.

Il governatore della Regione Abruzzo, nonchè neopresidente della Comunità imprenditoriale dell’ARE, Gianni Chiodi considera “necessario definire le linee strategiche e il coinvolgimento delle regioni nella fase attuativa. Lo sviluppo passa attraverso un numero di attori maggiore rispetto al passato. In questo contesto non possiamo escludere i particolarismi. Non è detto che replicare il modello del macroregione Baltica sia possibile, quindi, per quella Adriatico-Ionica. Oggi più che mai bisogna saper lavorare in termini di area vasta”.